In tutto il dopoguerra sono stati numerosi i tentativi di costruire una stabile area di centrodestra.
Le difficoltà sono derivate dalle pregiudiziali che hanno condizionato il dibattito politico italiano per evidenti ragioni nell’immediato dopoguerra e anche oltre.
Il primo tentativo significativo lo fece don Sturzo nel 1952. In occasione delle elezioni comunali di Roma tentò di formare un listone con democratici, monarchici e missini (questi erano i partiti di centro e di destra del tempo) che impedisse la conquista del Campidoglio da parte dei comunisti.
All’epoca l’iniziativa era sentita perché il partito comunista era quello di Togliatti, appena uscito dalla guerra civile, e in Russia comandava Stalin. Il tentativo di Sturzo fu bloccato da De Gasperi e dal cardinal Montini che impedirono questa ipotesi e il centrodestra non nacque.
Nel 1960, Tambroni costituì un governo monocolore DC, che ottenne la fiducia con il voto determinante dei parlamentari del MSI. Cogliendo a pretesto il congresso missino che si doveva tenere a luglio nella città di Genova, medaglia d’oro della resistenza, il PCI organizzò una sommossa, a Genova e in tutta Italia, che stroncò il governo Tambroni, che si dimise, e chiuse una potenziale prospettiva di centrodestra, avviando anzi il cammino assolutamente opposto verso il centrosinistra.
Negli anni Settanta, con il ritorno di Almirante alla segreteria del MSI, ci furono vari tentativi di allargare l’area della destra e di guardare a ipotesi di centrodestra. Nel 1975 la Costituente di destra della libertà, nella quale Almirante coinvolse uomini del centro cattolico come Greggi o partigiani come la medaglia d’oro Giacchero. Anche quei tentativi non ebbero significativi esiti e con gli anni di piombo ed il terrorismo la destra subì un attacco durissimo mentre la Democrazia Cristiana realizzò intese sempre più stabili con il PCI.
Il 1994, la svolta
Solo nel 1994 la discesa in campo di Silvio Berlusconi ha consentito al centrodestra di diventare un soggetto politico. Unendo la destra che si trasformava in Alleanza Nazionale, la Lega, l’elettorato di centro e laico che insieme a aree della destra ha trovato in Forza Italia e nella discesa in campo di Berlusconi il proprio rifermento.
Ci fu un grande movimento elettorale anche per la caduta dei partiti che avevano governato a lungo l’Italia colpiti dalle vicende di tangentopoli, che alcuni settori della magistratura non estesero al PCI per una chiara tutela politica.
È dal 94 che si è creato un centrodestra in Italia, che ha vinto e ha perso, ma per lo più ha vinto ed ha perso realmente solo quando si è diviso come nel 1996 quando la Lega andò per conto proprio.
Anche in quelle elezioni politiche i partiti alternativi alla sinistra ebbero più voti, essendo divisi però non trasformarono quella maggioranza di consensi in una realtà di governo. Nel 94, nel 2001, nel 2008, la maggioranza di centrodestra è stata chiara e anche nel 2006 la vittoria fu attribuita a Prodi tra le contestazioni e con un piccolo scarto di voti, che al Senato non esisteva nemmeno, avendo avuto più voti popolari il centrodestra. E di fatti il governo Prodi visse male e poco.
Perfino nel 2013, anno difficilissimo per il centrodestra, il recupero elettorale di Berlusconi ha impedito a Bersani di avere la maggioranza al Senato. E si votò dopo un attacco giudiziario, finanziario e internazionale pesantissimo che ha toccato l’apice nel 2011 con i boicottaggi all’interno del PdL, che aveva rappresentato la naturale evoluzione dell’area principale del centrodestra.
Berlusconi ha certo rappresentato una eccezione nel panorama politico. Imprenditore, protagonista della vita italiana, è entrato in politica dopo avere agito in altri ambiti, imprenditoriali e sportivi. Berlusconi ha rappresentato un fattore indispensabile, perché senza la sua presenza e il suo ‘peso’ il centrodestra non avrebbe mai superato la pregiudiziale che in tutto il dopoguerra aveva impedito un connubio tra il centro e la destra.
Il PCI e le sue evoluzioni, hanno usato con abilità pregiudiziali di natura storica, che non avevano più senso con il trascorrere del tempo, ma che hanno sempre condizionato il dibattito politico, garantendo alla sinistra un potere di veto. L’ “additivo” Berlusconi è stato indispensabile. Lo si è colpito sotto il profilo giudiziario proprio per impedire, non avendolo frenato sul piano del consenso, al centrodestra di rimanere stabilmente al governo del Paese.
I suoi collaboratori con maggiore ruolo e con una personale tradizione politica avrebbero dovuto avere la pazienza dell’attesa ed invece Fini, ma anche altri, hanno boicottato un partito unitario come il PdL, che pure avevano voluto, e l’intero centrodestra, e il governo Berlusconi. L’attesa avrebbe dovuto consentire una transizione verso ulteriori fasi politiche. La rottura ha determinato la marginalizzazione e la scomparsa di coloro che l’hanno attuata, ma nello stesso tempo un grave danno al centrodestra.
Il miracolo del ’94 non può essere vanificato. È un merito storico e personale di Silvio Berlusconi, che cito senza alcuna piaggeria, ma come analisi storico-politica della vita italiana. Dobbiamo continuare in quel percorso, con Berlusconi, ragionando con lui sulle prospettive future di un progetto politico che deve travalicare le stagioni e le generazioni.
Il centrodestra unito
Il centrodestra ha vinto quando è stato unito e ha perso quando si è diviso. Troppi protagonismi individuali danneggiano. Lo diciamo a coloro che nell’ambito di Forza Italia o ieri del PDL, ma anche nella Lega e altrove, hanno anteposto ambizioni personali ad una presa d’atto della realtà. Micropartiti scomparsi, velleitarismi che l’elettorato non premia.
Molti si illudono di sfruttare un’area di consenso in maniera cinica. È una cattiva politica. Troppo cinica e poco redditizia. Altri come Passera si affacciano sulla scena con ambizioni sproporzionate alla reale capacità di aggregare consenso. Dobbiamo tenere unito il centrodestra, difendere il bipolarismo e augurarci che in un futuro quella tendenza bipartitica che il PD e PDL potevano rappresentare (e che oggi appare lontanissima e impraticabile), si possa riproporre. Nei modi che il tempo consentirà. Ma il ritorno ai micropartiti, alla frammentazione, al neopr
oporzionalismo è un grave errore. Anche per l’Italia.
Dobbiamo essere il “centrodestra”, come Tatarella aveva intuito, battezzando in questo modo una delle sue riviste che indicava già dal titolo una chiara strategia politica. È inutile andare a ricreare partiti o partitini della destra. Bisogna essere lievito di una grande formazione politica italiana di centrodestra, che non abbia paura di apparire Conservatrice nel senso più nobile del termine, che sia collegata alla forte identità culturale italiana e alla sua tradizione cattolica. Che si rapporti in Europa con le forze alternative alla sinistra. Che difenda la vita, la persona, la famiglia, l’impresa, una corretta dimensione non conflittuale ma partecipativa dei rapporti sociali.
Questi i valori ai quali ci dobbiamo ispirare e che dobbiamo rilanciare all’interno di Forza Italia e con Forza Italia nel centrodestra. Nel rispetto delle specificità di un’area vasta che può avere su alcune tematiche opinioni diverse. Ma essere liberali, non vuol dire vivere nel caos. Rispettare l’individuo o la libera iniziativa economica non vuol dire favorire forme ciniche di speculazione finanziaria o nel campo dei diritti della persona accettare manipolazioni scientiste, devastazioni della famiglia, aberrazioni di vario genere che oggi si affacciano perfino nella legislazione.
Partito del territorio e del merito
Un partito radicato sul territorio, che sappia far funzionare i propri organismi, che non abbia paura del confronto interno. Meglio discutere in organismi e in assemblee appositamente convocate che farlo attraverso i giornali, le polemiche esterne, le televisioni, le organizzazioni di corrente. Negare il dibattito non vuol dire farlo scomparire. Ma vuol dire farlo sviluppare in forme personalistiche, negative, tali da allontanare l’elettorato che invece da un dibattito corretto e ben armonizzato può essere attratto.
Radicamento sul territorio, merito e iniziativa: questo si aspetta la gente da noi. Non dobbiamo essere stretti tra i due Mattei. Da Matteo Renzi ci divide tutto, e il giudizio anche personale su di lui da parte nostra è severissimo. Personaggio cinico, privo di una preparazione di base, certamente abile nello stare sulla scena comunicativa, spregiudicato nella iniziativa tattica, non è certamente il personaggio in grado di guidare l’Italia nel futuro anche se diventa attrattivo per fasce consistenti di elettorato moderato.
La Lega rappres
enta un alleato necessario. Il rapporto con la Lega è sempre stato decisivo per vincere. Ma una coalizione che si sbilanci troppo su posizioni estremistiche non vincerebbe. Vogliamo il centrodestra non una estremizzazione della coalizione. E lo diciamo noi, donne e uomini di destra, proprio perché vogliamo avanzare proposte e idee per il bene della nazione e non piantare soltanto bandiere o lanciare slogan sapendo poi di essere comunque destinati alla sconfitta e alla marginalità. Salvini fa il suo progetto, noi dobbiamo fare il nostro. L’immobilismo, la mancanza di iniziativa, l’assenza di stimoli sul territorio riducono il nostro consenso. Anche nelle fasi negative bisogna mantenere la macchina funzionante. Accendere il motore, farlo girare, in attesa di tempi e di stagioni migliori. Sappiamo bene che c’è un problema di leadership di prospettiva che dovremo affrontare e risolvere.
Ma i leader nascono sul campo non in laboratorio.
La nostra agenda
La nostra agenda è chiara: difesa della famiglia; impegno sulla sicurezza sia interna che esterna di fronte alla minaccia del terrorismo, rivendicando anche la saggia politica internazionale condotta dal centrodestra in tema di immigrazione, che era riuscita a tutelare i nostri confini marittimi; tutela della libera iniziativa economica e dell’impresa; flessibilità e maggiore impegno per favorire la creazione di occupazione; tutela delle produzioni italiane ed europee di fronte a una concorrenza internazionale di chi, calpestando ogni regola, mette illegalmente fuori mercato i nostri prodotti; difesa della casa tornando alla detassazione della prima abitazione e abolendo l’IMU agricola che sta stroncando la nostra agricoltura; tutela delle partite iva e del blocco sociale fatto dal commercio, dal lavoro autonomo e dalle altre categorie che hanno sempre visto nel centrodestra e in Forza Italia uno storico riferimento; tutela delle libere professioni attaccate duramente dal governo Renzi con assurdi provvedimenti che con la pretesa di liberalizzare i mercati stanno stroncando competenze e professionalità, favorendo capitali, di losca provenienza, e la soppressione di tante attività professionali.
Non dobbiamo inventare argomenti nuovi e diversi ma essere una forza politica chiara, decisa e determinata che sui temi del fisco, dell’impresa, della sicurezza e di diritti della persona sappia esprimersi con determinazione e con chiarezza. Restano poi gli altri temi dei diritti fondamentali calpestati da una giustizia condizionata dagli abusi politici che da sinistra ne hanno da troppo tempo deviato il corso. Sono in gioco libertà fondamentali. La persecuzione non riguarda più soltanto alcune figure politiche, ma tanti cittadini che restano in attesa di una giustizia efficiente, rapida e trasparente.
Dobbiamo riprendere una forte iniziativa politica sui temi che sono nostri e che ci devono vedere attivi e presenti.