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Difesa: Gasparri (Fi), Conte aumentò spese quando fondi sanità erano inferiori a oggi

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“Sulla questione delle spese, i fatti sono fatti.  Quando le spese per la sanità erano molto inferiori a quelle attuali, che sono cresciute, l’allora premier Conte si è impegnato per portare al famoso 2% le spese per la difesa. C’è stato un incremento, con 22 schemi di decreto ministeriale nella fase tra il 2019 e il 2022, con i governi Conte, con spese di 10 miliardi, con un altro fondo di 12 miliardi e mezzo, portando a 25 miliardi le spese per la difesa. E hanno fatto bene. È stata una politica previdente, perché eventi di guerra già c’erano. Però non si può negare questa verità dei fatti, che è negli atti della politica e della Repubblica. Quanto ai rapporti con gli alleati, ricordiamo tutti ‘Giuseppi’ e i servizi segreti messi al servizio del Ministro della Giustizia americano dell’epoca venuto in Italia. Questa è la realtà della storia. Noi non vogliamo subalternità. Però chi non porta le proprie armi è destinato a portare quelle altrui. Questo è un altro insegnamento storico. Non vogliamo guerre, ma vogliamo spese per la sicurezza”. Così il presidente dei senatori di Forza Italia, Maurizio Gasparri, intervenendo in Aula in dichiarazione di voto sulle comunicazioni della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo, in programma il 26 e il 27 giugno. “È  ovvio che se noi facessimo un referendum popolare chiedendo ‘Volete spendere per l’assistenza sanitaria o per la difesa?’, vincerebbe al centro per cento l’assistenza sanitaria – ha proseguito – Tant’è che sui trattati internazionali non si fanno i referendum per Costituzione, perché alcune scelte sono scelte di alta politica che un paese fa per avere la sua sicurezza, la sua libertà. Senza gli arsenali pieni non avremmo i granai pieni. Noi abbiamo mandato le navi per l’operazione Aspides per difendere la libertà dei commerci nel canale di Suez, per far viaggiare il grano, gli alimenti, non per far viaggiare le armi. E gli Houthi bombardano le navi nello stretto di Suez, costringendo le navi a fare il giro dell’Africa. Questo comporta costi, assicurazioni, inquinamento. E così vengono tagliati fuori i porti italiani. Quindi in quella vicenda è in ballo anche un interesse economico e commerciale. Si crea lavoro con la libertà dei commerci. Per questa ragione siamo anche contro i dazi e lavoriamo affinché si chiuda anche questa vicenda. Perché l’incertezza sui mercati crea problemi”, ha concluso.

Roma 24 giugno 2025

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